Una delle problematiche esistenziali e basilari più diffuse tra gli artisti contemporanei è quello di essere considerati tali, di essere affermati nel circuito, di essere riconosciuti.
Mi è capitato di mangiare una pizza con amici e con altre persone che non conoscevo. Alle domande: "ma tu che lavoro fai? di cosa ti occupi?". Io istintivamente rispondevo con tono fiero e perentorio: "Mi occupo di arte!". "Ah quindi sei un Artista..." detto con tono sarcastico ma molto educato.
"Strano", continuava "non ti ho mai visto alle mostre mondane della nostra città".
Non volendo disquisire sulla stupidità del mio nuovo compagno di pizza, vorrei invece evidenziare come nel senso comune, e la cosa mi è capitata frequenti volte, la presenza, la conoscenza, possa creare o giustificare l'artista; o andare oltre quelle che sono le reali capacità della persona.
Quello che sei non lo puoi decidere tu , ma lo fai decidere ad altri: galleristi, curatori, scrittori, convinti di saperne più di te perché sono inseriti in un circuito più o meno funzionante in cui può avere un riscontro il tuo lavoro. Non c’è niente di male a voler cercare di riuscire è l’istinto di sopravvivenza, l'importante è non ammazzare l'arte.
Questo è il problema. Ormai le mostre di arte sono a destinazione d'uso degli addetti ai lavori, a quel circuito chiuso e criptico che ti spiega l’opera e ti racconta l'artista. Tutto e precotto per il microonde, pronto per essere servito in tavola.
La domanda fatidica, oltra alla curiosità tipica siciliana "se riesco a mettere la pignata" cioè se riesco a guadagnarmi la pagnotta, è la seguente: "ma tu, sei un artista contemporaneo?"
La domanda mi fa sorridere e mi tocca rispondere che se mi vede e se mi sente vuol dire che sono qui, proprio in contemporanea, anzi in diretta. Wow.